Il gas di scisto avrà un ruolo in politica estera?
Andrea G
World Energy & Oil / Moisés Naím
Cosa hanno in comune la caduta dello Shah iraniano, il collasso dell’Unione sovietica, Internet, l’ascesa economica della Cina, il crollo europeo e il boom energetico statunitense? Nessuno li aveva previsti. Tutti questi eventi hanno cambiato il mondo, ma nessun governo, società o esperto li aveva previsti, né aveva previsto le relative numerose (e significative) conseguenze. Tenendo a mente questa osservazione, l’unica cauta previsione circa le conseguenze del boom energetico statunitense è che la relativa portata sarà tanto ampia quanto sorprendente. Tuttavia, è già possibile intravedere alcune ripercussioni della ripresa energetica statunitense.
Anche se il paese non si trasformerà mai in un esportatore netto, il fatto che gli Stati Uniti, vale a dire il principale consumatore di petrolio (e fino a qualche anno fa il principale importatore), si apprestino a diventare sempre più autosufficienti creerà nuove opzioni in materia di politica estera per il proprio governo nonché nuove fonti di instabilità politica.
L’IMPATTO DEL GAS DI SCISTO USA SUL MEDIO ORIENTE
Una delle regioni colpite in modo più diretto dalla nuova “era” energetica statunitense è il Medio Oriente. Mentre l’Arabia Saudita e altri produttori mediorientali continueranno a ricoprire un ruolo fondamentale nel mercato energetico globale, il ruolo dominante da essi ricoperto per gran parte del secolo precedente non costituirà più la caratteristica principale di tale mercato. Le implicazioni di tale tendenza sono di portata significativa. Esse sono di natura militare, commerciale, e forse persino sociale. Poiché le forniture di petrolio e gas provenienti da svariate fonti sono in aumento, i prezzi subiranno pressioni al ribasso. I produttori del Medio Oriente potrebbero pertanto andare incontro a un calo dei proventi delle esportazioni, che ovviamente limiterà le loro possibilità sia a livello nazionale che all’estero. L’adeguamento fiscale e altre misure di rigore che non sono mai state seriamente applicate in quella parte del mondo potranno divenire comuni in paesi in cui per circa un secolo i vincoli di bilancio hanno raramente rappresentato una limitazione. E come abbiamo visto altrove, i governi obbligati a imporre adeguamenti fiscali sono inevitabilmente obbligati ad affrontare il malcontento popolare. L’instabilità politica a livello nazionale può comportare variazioni delle politiche estere dei paesi esportatori, che potrebbero a loro volta comportare variazioni della politica statunitense. Non è chiaro, ad esempio, quali misure dirigore si applicheranno al supporto finanziario che gli esportatori di petrolio arabi forniscono a gruppi militanti e alleati in Pakistan, Afghanistan, Malesia e altri paesi con ingenti popolazioni musulmane. O le conseguenze del loro comportamento nei confronti dei relativi rivali regionali come l’Iran, un paese pronto ad avviare una significativa espansione della propria produzione di petrolio nel caso in cui le sanzioni internazionali vengano aumentate.
Così come si modifica la geopolitica energetica, così si modifica anche la rete di alleanze internazionali dei paesi del Medio Oriente. Ad esempio, un’alleanza più stretta con la Russia e un allontanamento dagli alleati tradizionali quali gli Stati Uniti rappresentano ora possibilità concrete. Gli Stati Uniti, che non dipendono più in modo significativo dalle importazioni di energia dal Medio Oriente, saranno in grado di ricalibrare la propria presenza militare volta a garantire la sicurezza del transito attraverso le vie marittime (attraverso le quali il petrolio proveniente dal Medio Oriente raggiunge i mercati globali). Assicurare che il Canale di Suez o lo Stretto di Ormuz siano aperti e sicuri continuerà a rappresentare una delle priorità americane, sebbene non tanto significativa come lo era nel momento in cui gli Stati Uniti dipendevano in misura maggiore dal petrolio mediorientale.
L’analista Nikolas K. Gvosdev sostiene che la nuova capacità energetica americana significhi che “una massiccia presenza militare statunitense all’estero non debba più essere vista come una priorità ai fini della prosperità nazionale. La dottrina di Carter e il Corollario di Reagan che impegnano gli Stati Uniti a difendere i paesi del Golfo persico dalle aggressioni esterne e dai sovvertimenti interni, poiché tale regione e le relative risorse energetiche sono ritenute inestimabili per gli interessi statunitensi, [potrebbero] trasformarsi in altre dottrine di politica estera americane che al momento risultano irrilevanti”. Le conseguenze della rivoluzione del gas di scisto nel Medio Oriente sono tanto variegate e di ampia portata quanto difficili da prevedere con precisione.
VERSO UN BLOCCO ENERGETICO NORDAMERICANO?
Le risorse energetiche nord americane sono già consistenti e in crescita. Stati Uniti, Canada e Messico vantano circa 1.800 miliardi di barili di probabili riserve di petrolio recuperabili e 346.000 miliardi di piedi cubi di riserve di gas accertate. Attualmente si sa che i depositi texani di gas di scisto si estendono fino al Messico, che si colloca al quarto posto a livello mondiale perriserve di gas di scisto. Tutto ciò porterà il paese a recitare un ruolo importante sul mercato energetico. A tali risorse si aggiungono significative riserve di carbone e da un crescente inventario di energie non rinnovabili che stanno rendendo il Nord America sostanzialmente autosufficiente dal punto di vista energetico.
L’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) definisce tali aspetti “rivoluzionari”. Secondo il Medium Term Oil Market 2013, “la rivoluzione nordamericana degli idrocarburi continua a dominare le previsioni in materia di approvvigionamento... La produzione nordamericana di petrolio aumenterà di circa 4 milioni di barili al giorno nel corso del periodo 2013-2018, vale a dire oltre la metà dell’aumento previsto per i paesi non OPEC”. Al contempo, le importazioni nordamericane di petrolio passeranno da circa 6 milioni di barili al giorno (2012) a circa 3,5 milioni di barili al giorno (2018), mentre gli spostamenti di petrolio e gas all’interno del continente si intensificheranno. Tutto ciò fa pensare al consolidamento di un Blocco Energetico Nordamericano il cui impatto, a livello geopolitico, sarà significativo già solo perla sua crescente indipendenza dalle importazioni di idrocarburi e apparirà ben maggiore se e quando la regione diverrà esportatrice netta.
Questi cambiamenti sono destinati a dare il via a significative revisioni della politica estera statunitense. Il candidato principale ai fini di tale revisione è il Messico. La politica degli Stati Uniti verso questo paese confinante è stata sempre caratterizzata da due tematiche: immigrazione e droghe. A seguito dell’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico (NAFTA), anche il commercio è rientrato nell’agenda dei due paesi. Inoltre, grazie alle previste riforme della datata politica energetica messicana, il paese può riconquistare la gloria energetica che ha gradualmente perso nel corso degli ultimi decenni. Tutto ciò, combinato alla variazione delle previsioni energetiche relative a Stati Uniti e Canada, creerà un’“area energetica” alquanto dinamica che darà al Messico un rinnovato rilievo nelle decisioni prese dai responsabili della politica estera statunitense.
MAGGIORE SICUREZZA ENERGETICA PER L’EUROPA
Il fondamento della politica estera statunitense in materia di sicurezza energetica europea è stata la promozione dei gasdotti provenienti dal Caspio e dalle regioni centrali dell’Asia e diretti verso l’Europa, quali TANAP, TAP e Nabucco, nel tentativo di ridurre al minimo la dipendenza dell’Europa dal gasrusso. Talisforzi hanno avuto un esito positivo, sebbene nella maggior parte dei casi siano risultati dispendiosi in termini di tempo e denaro, e abbiano subito delicate complicazioni politiche. Di recente il 113° Congresso statunitense ha introdotto progetti di legge volti a facilitare l’accesso al gas naturale liquefatto (LNG) statunitense per tutti i membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO). La speranza degli Stati Uniti è che tale mossa possa fornire all’Europa un maggior livello di sicurezza energetica indebolendo il cappio energetico che la Russia vanta su svariate nazioni europee. In ogni caso, la realtà è che la riduzione delle importazioni di petrolio da parte degli Stati Uniti sta già liberando ampi volumi di idrocarburi che stanno fornendo all’Europa maggiori opzioni rispetto a quelle di qualche anno fa.
L’ACCESSO ALLA TECNOLOGIA E I RAPPORTI CON LA CINA
Il gas di scisto rappresenta circa il 40 percento della produzione totale di gas naturale negli Stati Uniti. In Cina la produzione di gas di scisto rappresenta una quota inferiore all’un percento. Ciò è dovuto in particolare al fatto che la Cina non dispone di una tecnologia avanzata che consenta di sviluppare rapidamente il gas di scisto. La Cina vanta le più ampie risorse di gas di scisto del pianeta, con riserve stimate pari a circa 1.115.000 miliardi di piedi cubici, pari a circa il doppio delle riserve statunitensi. Ve locizzare lo sviluppo di tali risorse è ovviamente una priorità per il paese. Sebbene la tecnologia statunitense relativa al gas di scisto non sia controllata dal governo e i produttori cinesi di energia possano acquistarla direttamente da privati, il governo statunitense non dovrebbe restare un osservatore passivo di tale processo di trasferimento tecnologico. L’accesso alla tecnologia relativa al gas di scisto di proprietà degli Stati Uniti è destinato a diventare una leva che Washington utilizzerà nei proprirapporti con Pechino.
L’OPEC STA ESAURENDO LA SUA INFLUENZA GEOPOLITICA?
Il significativo taglio delle importazioni di petrolio statunitensi dai paesi OPEC tenderà a minare l’influenza geopolitica dell’organizzazione. Il petrolio OPEC che non viene più trasferito agli Stati Uniti dovrà essere commercializzato altrove, più probabilmente sul mercato spot. L’Agenzia internazionale per l’energia prevede che la capacità globale della produzione di petrolio salirà a 102 milioni di barili al giorno entro il 2017, un volume ampiamente superiore alle previsioni sulla domanda, pari a 95,7 milioni di barili al giorno. Sul medio termine, tale produzione in eccesso tenderà a indebolire i prezzi del petrolio. La capacità del cartello del petrolio di influire sui prezzi si è già ridotta, così come il relativo potere di imporre una disciplina di produzione ai propri membri, in particolare quelli che stanno attraversando difficoltà economiche. Per anni l’OPEC non è rientrata tra i principali interessi della diplomazia americana. Il gas di scisto statunitense dovrebbe far calare ulteriormente l’interesse nei confronti dell’OPEC.
CI SARANNO PROTESTE NEI PAESI PRODUTTORI?
I paesi produttori di petrolio che presentano popolazioni numerose o le cui finanze sono gestite in modo non adeguato risultano particolarmente vulnerabili rispetto alla flessione dei prezzi del petrolio e alle perdite dei mercati. Alcuni di questi paesi, tra cui Iran, Iraq, Libia e Venezuela, necessitano di un prezzo del petrolio superiore ai 100 dollari al barile persoddisfare le proprie necessità finanziarie. Laddove i prezzi scendessero al di sotto di tale livello, essi potrebbero assistere a significative agitazioni politiche e sociali. La crescente autosufficienza energetica statunitense, che comporta livelli inferiori di importazioni da alcuni di tali paesi, potrebbe causare una pericolosa instabilità in questi stessi paesi, la quale non potrà essere ignorata dagli Stati Uniti.
UN RUOLO MAGGIORE IN AMERICA LATINA
Per anni l’attenzione rivolta all’America Latina è stata limitata, e ciò ha contribuito a indebolire la presenza statunitense in questa regione. In alcuni paesi tale vuoto è stato colmato da leader populisti, antiamericani e da una presenza senza precedenti della Cina. La tecnologia statunitense relativa allo sviluppo del gas di scisto e alle fonti non rinnovabili di energia può essere strumentale al rafforzamento della presenza statunitense in paesi quali l’Argentina, dove sono presenti importanti risorse di gas di scisto, nonché negli stati del centro America e caraibici che vantano scarse risorse in termini di idrocarburi. Ciò può danneggiare l’influenza del Venezuela (e attraverso il Venezuela, anche di Cuba) su tali paesi.
CONCLUSIONI
Il boom energetico statunitense non influirà unicamente sulle condizioni politiche ed economiche interne, ma modificherà la politica estera americana. E questi cambiamenti saranno piuttosto marcati in alcune aree del mondo. Mentre l’impatto dovrebbe risultare in linea di massima positivo per gli Stati Uniti, i rischi di un aumento dell’instabilità in alcuni paesi produttori di petrolio porrà Washington di fronte a sfide senza precedenti. Inoltre, poiché l’esplorazione e la produzione di gas di scisto stanno effettivamente raggiungendo i livelli previsti, sembra quasi inevitabile che in futuro possano sorgere conflitti legati all’impatto ambientale o al sovvertimento degli equilibri politici esistenti. È impossibile prevedere la natura, l’ubicazione e le tempistiche esatti di tali conflitti. Tuttavia, è certo che la rivoluzione del gas di scisto susciterà cambiamenti sorprendenti delle politiche nazionali e deirapporti internazionali di molti paesi.