Alleati, game changer e category killer
Andrea G
World Energy & Oil / Moisés Naím
Da quasi un secolo, il petrolio è la fonte energetica dominante e la maggior parte degli analisti sostiene che continuerà ad esserlo. Nel 2030 petrolio, gas e carbone dovrebbero rappresentare, ognuno, circa un quarto del mercato energetico mondiale. Ma oggi entrano in gioco altri fattori che, nonostante le previsioni, potrebbero sovvertire lo status quo. I cambiamenti climatici, ad esempio, sono un forte incentivo verso nuove forme di produzione e uso dell’energia. Si affacciano nuove tecnologie potenzialmente in grado di “cambiare tutto”. E lo scacchiere geopolitico, imprevedibile e in continuo mutamento, da sempre influenza i mercati energetici.
LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE
Le innovazioni tecnologiche su cui attualmente si concentrano gli sforzi rientrano in tre grandi categorie. La prima è quella degli alleati dell’attuale struttura di mercato, ovvero le alternative che non sconvolgono le dinamiche e le istituzioni vigenti, ma ottimizzano l’efficienza dello sfruttamento degli idrocarburi, mitigando gli effetti collaterali indesiderati. Questa ricerca, dunque, prolunga la vita del petrolio come risorsa indispensabile. Nella seconda categoria rientra lo studio di fonti energetiche, nuove tecniche di produzione e, soprattutto, di prodotti energetici meno inquinanti, che potremmo definire game changer, rivoluzionari, perché minano alla base gli attualischemi di domanda e offerta.
Infine abbiamo la terza area di ricerca, che vuole trovare fonti energetiche radicalmente diverse, capaci di rendere il petrolio obsoleto:sono i cosiddetti category killer.
Ovviamente, un’innovazione di tipo “game changer” avrà un impatto diverso rispetto a una che favorisce i meccanismi del sistema attuale. In ognuna di queste tre aree, le innovazioni hanno conseguenze diverse, molte delle quali impossibili da prevedere. Possiamo però immaginare – anche se a livello molto generale – alcuni degli effetti sulla struttura attuale del mercato energetico, sui paesi esportatori di petrolio e su quelli che dipendono dall’approvvigionamento estero, descrivendo l’effetto domino scatenato da queste innovazioni.
GLI ALLEATI
Il miglior esempio di “tecnologia alleata” è forse l’ottimizzazione del motore a combustione interna (ICE, Internal Combustion Engine), che permetterà alle case automobilistiche diraddoppiare l’efficienza dei consumi dei veicoli entro il 2025: dagli attuali 8,7 litri a circa 4,2 litri per 100 km. Questa tecnologia conferma il ruolo del petrolio come fonte energetica primaria nel settore dei trasporti, allungando la durata di vita delle riserve esistenti e promuovendo la stabilità dei mercati attuali. Questo significa che i produttori di petrolio tradizionali rimarranno protagonisti della scena energetica globale. I maggiori beneficiari saranno i produttori di petrolio leggero di alta qualità in Medio Oriente, mentre i paesi con grandi depositi di greggio pesante o non convenzionale, come Canada e Venezuela, avranno più difficoltà a conservare la propria quota di mercato per via degli elevati costi di valorizzazione dei prodotti. Enormi vantaggi andranno anche ai paesi, come Stati Uniti e Giappone ad esempio, che hanno limitati giacimenti di petrolio tradizionale, ma una massa di consumatori estremamente ricettiva ai nuovi prodotti a basso consumo di combustibili fossili.
I GAME CHANGER
Le innovazioni tecnologiche che aiutano lo sviluppo di alternative più pulite, come l’hydrofracking, risultato della perseveranza e del lavoro pionieristico di George Mitchell, hanno aperto la strada allo sfruttamento delle vaste risorse di gas naturale in Nord America, prima inaccessibili. Negli Stati Uniti, in particolare, c’è un boom di questa risorsa alternativa al petrolio, i cui effetti si fanno già sentire nel panorama energetico globale. Il primo importatore di petrolio al mondo, gli Stati Uniti appunto, sta rapidamente colmando il fabbisogno con la produzione interna di gas naturale, più rispettosa dell’ambiente. Il conseguente aumento della disponibilità di petrolio per altri mercati, come Cina ed Europa, spinge al ribasso i prezzi del greggio. Anche lo sviluppo del gas di scisto in Cina e in alcuni Paesi di Europa e America Latina potrebbe contribuire a scalzare il primato del petrolio come fonte energetica in queste regioni.
Naturalmente ne trarranno enorme vantaggio Paesi come gli Stati Uniti, la Cina, il Messico e l’Argentina, dotati di riserve di gas naturale proprie, che rafforzeranno la sicurezza energetica nazionale svincolandosi dalla dipendenza dal petrolio. Viceversa, i produttori di petrolio di qualità inferiore o più costoso, come Canada, Russia e Venezuela, soffriranno di una congiuntura di mercato meno favorevole rispetto all’abbondanza della prima decade di questo secolo.
Esistono naturalmente altre alternative innovative ai combustibili fossili, che hanno già dimostrato la propria fattibilità economica – nelle giuste condizioni – nonostante siano in una fase di sviluppo più arretrata. Il fotovoltaico e l’eolico sono un buon esempio. All’inizio, le esagerate promesse di governi e aziende avevano portato a sovrastimare la maturità e la competitività di queste fonti, causando un generale disappunto. Ma ora prevalgono maggiore cautela e realismo, e si stanno testando degli approcci più sostenibili sul piano economico.
La produzione energetica negli Stati Uniti e in Europa lascia sempre più spazio al solare e all’eolico e in America, in particolare, il mercato del fotovoltaico è cresciuto del 40 percento dal 2009 grazie al varo di efficaci incentivi economici, alla prova anche in Europa e in Cina. Sfide e ostacoli non sono abbattuti, ma nei paesi dove il clima favorevole coesiste con istituzioni politiche lungimiranti e sensibili ai temi ambientali, i forti incentivi e la rigorosa normativa porteranno certamente grandi innovazioni in questo campo.
Nuovi attori emergeranno: non solo i grandi consumatori energetici come la Cina, ma anche i piccoli consumatori con risorse fossili scarse o nulle, come l’Africa centrale e i paesi caraibici.
Un’altra innovazione che rientra nella categoria dei potenziali “game changer” è il carbone pulito. Nel maggio del 2011 è stato sottoposto al Congresso americano un disegno di legge che fissava i volumi minimi di combustibili derivati da carbone da usare per l’aviazione, gli autoveicoli, il riscaldamento residenziale e le caldaie. L’obiettivo era quello di promuovere l’uso della tecnologia CTL (Coal-to-Liquids) che, secondo il documento presentato, sarebbe già una strada economicamente percorribile. Il fatto che Stati Uniti, Cina e Russia possiedano le maggiori riserve mondiali di carbone e siano tra i primi consumatori energetici sottolineerebbe l’impatto dirompente del carbone pulito – volendo dar credito alle promesse dei suoi fautori.
I CATEGORY KILLER
Questo tipo di innovazioni tecnologiche creerebbe fonti energetiche più efficienti, economiche e pulite del petrolio, eliminando definitivamente i combustibili fossili dal mix energetico. Uno di questi potenziali “killer del petrolio” è l’energia da fusione ottenuta dal bombardamento con raggi laser, acclamata dagli scienziati come rivoluzionaria, perché capace di generare un quantitativo di energia superiore a quello investito per innescare il processo. Secondo quanto riferisce il Washington Post, il team scientifico del Livermore National Laboratory in California, sovvenzionato da fondi federali, nel febbraio del 2014 ha dichiarato di aver condotto esperimenti con il laser per “comprimere un pellet di combustibile, generando una reazione che ha prodotto più energia di quella immessa per condurre il test”. Il fisico Omar Hurricane, responsabile dello studio, ha detto: “Nessuno è mai arrivato fin qui prima d’ora”.
PROSPETTIVE
Nel prossimo decennio il mercato dell’energia subirà trasformazioni profonde, come mai accaduto negli ultimi vent’anni, sotto la spinta di tecnologie rivoluzionarie per cui già oggi esistono una domanda e degli incentivi allo sviluppo. Le innovazioni non mancheranno di soddisfare questa vasta domanda e molti stanno già investendo nelle nuove alternative energetiche, soprattutto chi è al di fuori dei canali tradizionali o addirittura estraneo al settore petrolifero. Gli “outsider” stanno scuotendo ilsettore petrolifero alle fondamenta: basti pensare che il fracking, una delle novità più sensazionali degli ultimi tempi, non è uscito dai laboratori di ricerca e sviluppo delle major petrolifere, ma dalla mente di un inventore caparbio con un forte spirito imprenditoriale. I colossi dei mercati energetici, infatti, hanno prosperato e dominato senza dare massima priorità alla ricerca e sviluppo, come invece accade in altri settori. Guy Chazan, giornalista specializzato del Financial Times, ha scritto che “secondo il Breakthrough Institute, un thinktank californiano, le aziende energetiche statunitensi reinvestono meno dell’1 percento del fatturato in ricerca e sviluppo. Per contro, settori come IT, semiconduttori e industria farmaceutica reinvestono il 15-20 percento del fatturato in R&D e nello sviluppo dei prodotti”. Chazan cita anche uno studio del Boston Consulting Group (BCG), secondo il quale solo il 64 percento delle aziende del comparto energetico mette la ricerca e sviluppo tra le sue priorità, contro il 91 percento delle case automobilistiche e l’85 percento del settore media ed entertainment.
È cominciata una nuova era, che vedrà impennarsi la domanda di nuove tecnologie perla produzione e il consumo energetico. E dove c’è domanda, l’offerta non tarda ad arrivare.