Moisés Naím

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Moisés Naím e il populismo. L'ultima seduzione del Potere

Paolo Garimberti / La Repubblica

Il Parlamento europeo ha definito l'Ungheria di Viktor Orbán "un'autocrazia elettorale". Una classificazione nella quale rientrano molti altri Paesi, sparpagliati nei vari continenti: il Venezuela di Hugo Chávez, le Filippine di Rodrigo Duterte, l'India di Narendra Modi, il Brasile di Jair Bolsonaro, il Salvador di Nayib Bukele, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, l'Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, e, secondo qualcuno, anche gli Stati Uniti di Donald Trump. "Leader non convenzionali, che hanno osservato il decadimento del potere tradizionale e hanno capito che un approccio radicalmente nuovo può aprire occasioni finora non sfruttate", scrive Moisés Naím nel suo ultimo libro. E ci sono riusciti usando al meglio la strategia delle 3P: populismo, polarizzazione e post-verità. 

Naím - giornalista, rinomato politologo che ha diretto, rilanciandola, la rivista Foreign Policy, ed è stato anche direttore esecutivo della World Bank - lo ha titolato The Revenge of Power per sottolineare la continuità con la sua opera precedente, The End of Power (in Italia esce nella collana Serie Bianche di Feltrinelli con il titolo Il tempo dei tiranni).

È una categoria politica, quella delle "autocrazie elettorali", che negli Stati Uniti attira da qualche tempo la curiosità e anche l'allarme degli analisti. Ed è stato proprio l'arrivo di Trump alla Casa Bianca a sollecitare l'attenzione, e anche la preoccupazione. Larry Diamond, della Stanford University, autore di Ill Winds (Venti malati) uscito nel 2019 con un sottotitolo efficacemente esplicativo (Come salvare la democrazia dalla rabbia russa, l'ambizione cinese e la compiacenza americana), la mette così: "Oggi c'è ancora sufficiente risonanza per i principi della democrazia perché leader come al-Sisi o Putin sentano la necessità di dimostrare che hanno vinto con elezioni fintamente competitive, che sono loro la scelta del popolo". E la strategia delle 3P è perfetta per realizzare il loro piano criminoso per la democrazia liberale. 

L'incipit del libro di Naím è di una penetrante drammaticità. "Le società libere di tutto il mondo hanno di fronte un nuovo e implacabile nemico. È un nemico che non ha eserciti, né flotte; non viene da nessun paese che si possa localizzare su una mappa. È ovunque e da nessuna parte, perché non è là fuori ma qui dentro. Invece di minacciare le società di distruzione dall'esterno, come fecero un tempo nazisti e sovietici, questo nemico le insidia dall'interno". 

Che cosa è questo nuovo nemico che mette in pericolo la nostra liberà, la nostra prosperità e perfino la nostra sopravvivenza come società democratiche? "La risposta è il potere, in una nuova forma maligna", avverte l'autore. 

Ma come si sostanziano le 3P? Il populismo, scrive Naím, è uno "strumento per conquistare e maneggiare il potere" estremamente versatile, che può funzionare nei contesti più diversi ed essere "compatibile con ogni ideologia di governo e anche con nessuna ideologia". Non certo a caso, un ampio capitolo è dedicato alla "discesa in campo" di Silvio Berlusconi nel 1994 quale antesignano del populismo e della tecnica del fandom, la trasformazione dei sostenitori politici in fan secondo la pratica di derivazione televisiva di cui si sarebbe poi avvalso anche Donald Trump.

La polarizzazione consiste nella demonizzazione degli avversari politici e nell'insistenza su temi che dividono il Paese. Un vecchio approccio marxista, chiamato "affilare le contraddizioni", che ha dimostrato di funzionare nei tempi attuali. Anche se oggi viene usato soprattutto dalle destre, come è successo in Francia con Le Pen e sta accadendo in Italia con la campagna elettorale.

Infine, l'ultimo ingrediente, che è invece di conio recente: la post-verità. Che, descrive Naím, "non consiste tanto nell'accreditare le bugie come verità, ma piuttosto nell'intorbidare le acque al punto tale che diventa difficile distinguere il vero dal falso". 

La conclusione del libro non è incoraggiante. I populisti post-verità non si curano dei riscontri e possono liberamente promettere ai loro sostenitori "soluzioni indolori e immediate, che riaccendono le speranze, aumentano le attese e promettono rivincite", una "favola tossica", che però finora ha funzionato e li ha portati al potere. Mentre i democratici, nota sconsolato Naím, sembrano offrire "idee astratte", come lo Stato di diritto, la libertà di idee ed espressione, "controllare e bilanciare", tutte cose che piacciono a chi non ha problemi per affrontare le necessità quotidiane. Così ha vinto e governa Viktor Orbán nell'Ungheria "autocrazia elettorale". Non un buon auspicio per chi crede nei valori della liberal-democrazia

Dialogo tra Moisés Naím e Maurizio Molinari sul nostro sito 

Dal 23 settembre è online sul nostro sito il video dell’incontro e del dialogo  tra Moisés Naím, ospite del nostro  giornale, e il direttore di Repubblica Maurizio Molinari sui temi, attualissimi, del libro. E non solo.

Il libro e gli incontri

Il tempo dei tiranni di Moisés Naím (Feltrinelli, trad. di Chiara Rizzo, pagg. 384, euro 24). L’autore sarà a Milano, alla Fondazione Feltrinelli, venerdì 23 settembre alle 18.30 e sabato 24 settembre alle 17.30, con Raffaella De Santis, ai Dialoghi di Trani in piazza Quercia