Il Populismo Tecnologico & Le Sue Insidie
World Energy & Oil / Moisés Naím
Siamo all’atto finale. L’eroe è scoraggiato, apparentemente immerso in un pantano di problemi. Non sembra esserci un modo credibile per superare le difficoltà. Il pubblico è rapito, si dispera. Non si profilano vie di fuga per trarsi in salvo dall’intreccio della trama. Ma ecco che, all’improvviso, un complesso meccanismo di gru proietta in scena un attore mai visto prima: un Dio - Zeus o Giove - discende dalla macchina e dispensa sovrannaturale giustizia, sgominando i malvagi e premiando i buoni. L’ordine morale dell’universo è ristabilito, il pubblico può tornare a casa con la certezza che il mondo è come dovrebbe essere.
Quando gli antichi drammaturghi si trovavano nei guai con la trama, il vecchio trucco di portare Dio sul palco attraverso una macchina era sempre a portata di mano. I critici moderni hanno però sempre disprezzato il Deus ex machina — formula latina che descrive l’intervento divino — ritenendolo un pigro espediente narrativo che gli scribacchini utilizzavano come via d’uscita facile e veloce: secondo loro, ai bravi drammaturghi non serve un simile artificio per dare alle loro storie un finale riuscito.
NON ESISTONO SOLUZIONI FACILI
I dibattiti che oggigiorno intavoliamo sulle nuove tecnologie e sui cambiamenti climatici sono indubbiamente circondati da quest’aura di Deus ex machina: politici, tecnocrati e scienziati promettono di condurci in un’oasi tecnocratica in cui scienza e tecnologia offrono soluzioni senza che nessuno compia sforzi o sacrifici. Questa fede quasi religiosa nelle nuove soluzioni tecnologiche ha per me un nome: “populismo tecnologico”. È il richiamo della sirena che intona la soluzione al cambiamento climatico, senza dolore, senza sacrifici.
Ma perché il populismo tecnologico è così allettante? Perché l’umanità, collettivamente, si è relegata in un angolo impossibile. La strategia energetica che ha condotto centinaia di milioni (se non miliardi) di persone fuori dalla povertà estrema e verso una vita dignitosa ora minaccia crudelmente di rendere quella stessa vita dignitosa impossibile proprio a causa delle devastazioni prodotte dal cambiamento climatico. Abbiamo un disperato bisogno di un Dio che discenda dalla macchina.
Sono molti i candidati papabili: dall’adozione di massa dell’energia solare ed eolica ai combustibili aeronautici sostenibili e all’idrogeno verde, passando per divinità più esotiche come la geoingegneria stratosferica, la cattura del carbonio atmosferico e la fusione nucleare. Al pari di un dio che si cala sulla scena da una macchina, ognuno promette di risolvere il finale blando e disordinato che l’uomo ha prodotto a causa dell’eccessiva dipendenza dai combustibili fossili, con il minor quantitativo di sofferenza per coloro che già sono sul palco.
Condivido le preoccupazioni dei critici moderni sul fatto che questo tipo di espediente narrativo possa essere pigro: nel peggiore dei casi, il populismo tecnologico ci trasforma in spettatori passivi che rimandano all’infinito il duro lavoro di ridurre le emissioni di carbonio, appoggiandosi alla vana promessa di una cura miracolosa che potrebbe arrivare o non arrivare mai. Il sospetto è accresciuto dalla tendenza, diffusa tra i politici, a proporre tecnologie ancora inesistenti allo scopo di esentarsi da interventi significativi e immediati. Proprio come coloro che si affidano a diete rapide andando a caccia della prossima pillola dimagrante miracolosa, i populisti tecnologici se la cavano con poco pur facendo un figurone. Anziché sottoporsi al duro e lento lavoro di adattare la propria dieta e le proprie abitudini di esercizio a opzioni più sane, alcune persone prediligeranno sempre il pensiero magico. Aspettare la soluzione tecnologica a problemi apparentemente non trattabili è tanto seducente quanto pericoloso.
LA POTENTE MACCHINA DELLA SCIENZA
Eppure, occorre trovare un equilibrio tra il sospetto nei confronti del populismo tecnologico e, per esempio, il puritanesimo autoflagellante degli estremisti ambientalisti. A differenza dei macchinari scenici inventati dal teatro antico, l’espediente utilizzato per portare le soluzioni climatiche sul palco è la macchina spaventosamente efficace della scienza moderna. Le nuove tecniche attualmente in fase di sviluppo non sono una finzione, anzi rappresentano alcune delle più avanzate conquiste ottenute dalle menti più evolute del mondo, e quella macchina ha già prodotto molte divinità in una vasta gamma di esperienze umane, dalla medicina all’ingegneria, dall’igiene all’aeronautica.
Se vuole avere successo, la risposta dell’umanità al cambiamento climatico dovrà considerare entrambi gli aspetti. All’attuale tasso di emissioni, la velocità di abbattimento necessaria per mantenere le temperature medie entro limiti ragionevoli è sempre più irrealistica. Per quanto riguarda il tasso di nuove emissioni, anche i più drastici cali che si possano immaginare non saranno sufficienti a mantenere la Terra vivibile per tutti coloro che la abitano ora.
All’inizio de “Il Ministero per il Futuro”, romanzo Cli-Fi (Climate fiction) fin troppo realistico del 2020 scritto da Kim Stanley e riguardante un mondo di cambiamenti climatici fuori controllo, una devastante ondata di caldo nel nord dell’India porta a temperature di bulbo umido talmente elevate da far crollare la rete elettrica, provocando 20 milioni di morti. Gli scienziati non considerano poi tanto stravaganti scenari simili a questo: più che altro, si tratta di una questione di tempo. È facile intravedere come, di fronte a risultati climatici così estremi, i governi non avranno altra scelta che adottare alcune delle soluzioni climatiche più audaci e rischiose. Spruzzare composti fini a base di zolfo sulla stratosfera per aumentare la quota di radiazione solare rispedita nello spazio è oggi un’impresa difficile, ma il desiderio di tentare questa soluzione sarà molto più forte se le tendenze attuali si manterranno tali.
Ciò che si pone dinanzi all’umanità non è una scelta tra ridurre drasticamente le emissioni di gas serra oppure abbracciare le nuove tecnologie energetiche e climatiche, bensì l’impellenza di fare entrambe le cose. Il duro e faticoso compito di cambiare abitudini profondamente radicate non può essere evitato: le soluzioni non arrivano semplicemente calate dall’alto. Eppure, anche le nuove tecnologie giocheranno un ovvio ruolo da protagonista: è l’ingegno umano che ci ha catapultato nell’attuale disordine climatico e sarà l’ingegno umano a dover recitare la sua parte per tirarcene fuori. Dovranno entrare in gioco sia nuove abitudini sia nuove tecnologie, perché anche il Deus ex machina non farà nulla per il nostro eroe se egli stesso non si unirà alla battaglia per primo.