Moisés Naím

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La natura dell’uomo contro Madre Natura

World Energy & Oil / Moisés Naím

Sembra che ultimamente Madre Natura stia cercando di attirare la nostra attenzione. I segnali che ci manda sono sempre più visibili, stridenti e difficili da ignorare. Alcuni di questi sono stati letali. Il 2015 è destinato a essere ricordato come uno degli anni più caldi mai registrati. Lo scorso ottobre l’uragano Patricia, il più forte mai osservato dai meteorologi, ha prodotto venti che hanno raggiunto velocità record, pari a 200 miglia orarie. Le temperature medie nella regione artica sono aumentate due volte più velocemente rispetto alle temperature del resto del pianeta, e ciò contribuisce allo scioglimento dei ghiacci polari. Ogni dieci anni la superficie ghiacciata si riduce del 9 percento. Gli scienziati prevedono che lo scioglimento dei ghiacci polari innalzerà il livello dei mari fino al punto da costringere la popolazione di molte zone costiere, fortemente urbanizzate, a trasferirsi ad altitudini maggiori. Secondo le Nazioni Unite, il numero attuale di tempeste, inondazioni e ondate di calore è cinque volte maggiore rispetto al 1970. Anche se tale aumento va in parte attribuito al fatto che oggi abbiamo dati migliori rispetto a mezzo secolo fa, tutti gli studi indicano una maggiore frequenza di fenomeni meteorologici estremi: temperature insolitamente alte o basse, piogge torrenziali, frane, siccità prolungate e incendi boschivi sempre più devastanti. Il numero degli sfollati a causa dei cambiamenti climatici è oggi più che mai elevato e superiore rispetto al numero dei profughi a causa dei conflitti armati.

Perché è così difficile fare
Passi avanti? Dopo decenni di accesi dibattiti, la stragrande maggioranza degli scienziati concorda sul fatto che i mutamenti climatici della terra sono causati dall’aumento delle emissioni di alcuni gas (soprattutto anidride carbonica o CO2) prodotti dalle attività umane. Tuttavia rimane ancora scetticismo in proposito. Parte di questo scetticismo è frutto di oneste e sane divergenze d’opinione fra gli esperti, ma purtroppo ci sono anche molti studi scientifici fasulli, finanziati da società e altri soggetti che beneficiano degli attuali modelli di produzione e consumo dell’energia e che si oppongono a qualsiasi riforma destinata a intaccare i loro interessi. Nonostante i segnali sempre più chiari che le cose stanno cambiando in termini climatici, l’umanità non è finora stata in grado di modificare in modo efficace il suo attuale e disastroso cammino verso un pianeta più caldo. La mancanza di un intervento efficace non è solo dovuta alle manipolazioni delle corporation e dei paesi che proteggono i loro progetti finalizzati all’utilizzo dei combustibili fossili a scapito del bene comune. È dovuta anche alla natura dell’uomo. Gli esseri umani fanno molta fatica a cambiare le proprie abitudini e la propria routine quotidiana. Le ricerche nel campo delle diete dimagranti dimostrano che la grande maggioranza di coloro che iniziano una dieta getta la spugna prima di aver centrato i propri obiettivi. Oppure recupera i chili persi perché lentamente, ma inesorabilmente, ricade nelle vecchie abitudini alimentari. I fumatori sanno quanto sia difficile superare la dipendenza dalla nicotina. Sappiamo anche che un problema di salute è spesso il modo più efficace per cambiare il proprio comportamento e abbandonare stili di vita non salutari. Sopravvivere a un attacco di cuore, per esempio, può fare miracoli nel convincere le persone a smettere di fumare, mangiare cibi più sani e fare più esercizio.

Prima che sia troppo tardi
È possibile quindi ipotizzare che sarà necessario un incidente climatico su vasta scala per cambiare il modo in cui trattiamo il nostro pianeta? Finora sembra proprio di sì. Nonostante il numero crescente di eventi climatici disastrosi e nonostante la grande mole di dati scientifici che mettono in luce tendenze preoccupanti, i messaggi inviati da Madre Natura non sono stati finora sufficienti a produrre quei mutamenti delle attività umane necessari a ridurre le emissioni di CO2. Pertanto, a meno che non vengano prese al più presto delle decisioni radicali, non è irragionevole supporre che il mondo potrà in futuro subire le conseguenze di un evento climatico catastrofico e senza precedenti che potrà finalmente indurre l’umanità a rispettare quella dieta a basso contenuto di anidride carbonica che finora ha ignorato. La dipendenza dal carbonio, così diffusa nel mondo di oggi, potrebbe però essere più difficile da vincere rispetto alla dipendenza dal tabacco, dallo zucchero o dall’alcool. Il modo in cui illuminiamo, riscaldiamo e raffreddiamo le nostre case, i nostri uffici e i nostri mezzi di trasporto, il modo in cui le nostre città sono costruite o in cui i prodotti che consumiamo vengono fabbricati – dalla plastica agli hamburger – richiede un elevato consumo di carbonio che, una volta immesso nell’atmosfera sotto forma di CO2, contribuisce al riscaldamento globale e al caos climatico. Tutto questo va cambiato. La prima, e più ovvia, ragione per cui l’interruzione della nostra dipendenza dal carbonio si è dimostrata così difficile è che serve uno sforzo collettivo operato da più paesi e in grado di durare per sempre. Se rispettare una dieta è già difficile per una sola persona, lo è molto di più per dei paesi, soprattutto se tali paesi devono agire in collaborazione con altri che a loro volta sono tenuti a rispettare la dieta. Alcuni paesi cercheranno di barare. Altri pretenderanno che la dieta delle persone ricche e pasciute sia più restrittiva rispetto a quella delle persone povere e magre. Altri ancora domanderanno che la dieta più rigida, a basso tenore di carbonio, sia imposta ai paesi che hanno cominciato a inquinare il pianeta e la sua atmosfera sin dai tempi della rivoluzione industriale; e chiederanno quindi che sia consentito alle nazioni in via di sviluppo, come la Cina e l’India, di adottare una dieta molto più permissiva, poiché si tratta di paesi che hanno dato inizio all’industrializzazione (e all’inquinamento) molto più tardi.

Proteggere il Pianeta è Una responsabilità internazionale
La prima Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite ha avuto luogo in Brasile nel 1992 e l’ultima a Parigi (COP21). Dall’anno della prima conferenza sono stati organizzati numerosi altri eventi sul tema, eppure pochi sono stati i progressi. La speranza è che la COP21 si concluda con progressi più concreti ed effettivi rispetto alle edizioni precedenti, in grado cioè di ridurre le emissioni di CO2 come mai prima d’ora. Queste, naturalmente, sono tutte buone notizie. Ma il fatto di celebrare i risultati potenzialmente positivi della conferenza di Parigi ci mostra anche quanto piccole e poco incisive si siano fatte le nostre ambizioni. Il concetto di successo è stato ridimensionato e gli accordi che si spera saranno raggiunti a Parigi, sebbene graditi, non centreranno l’obiettivo di evitare l’aumento di 2°C delle temperature medie globali rispetto ai livelli preindustriali. Sembra perciò che l’inerzia dell’uomo continuerà a sfidare Madre Natura senza preoccuparsi del fatto che la natura trionfa sempre. In passato, l’umanità è sempre stata in grado di adattarsi, e di evitare, situazioni in cui Madre Natura minacciava la vita umana. Tale adattabilità è stata enormemente aiutata dalla capacità umana di immaginare il futuro e di agire in modo da evitare conseguenze più gravi. Ma la mitigazione del riscaldamento globale rappresenta la sfida più importante che l’umanità abbia mai affrontato, e finora ha dimostrato ben poca adattabilità o lungimiranza. Per onestà, tuttavia, bisogna dire che alcuni progressi sono stati compiuti. Secondo il rapporto REN21, stilato da un gruppo di 154 paesi, entro la fine del 2014 la percentuale dei consumi globali di energia pulita e rinnovabile, come quella solare, quella eolica o quella derivante da biocarburanti, aveva già raggiunto il 20 percento, e la tendenza prevalente è oggi quella di accelerare la dipendenza dalle fonti rinnovabili. In maniera ancora più significativa, la fusione nucleare, dopo un lungo periodo di ricerca e di false partenze, sembra essere sul punto di sviluppare innovazioni importanti che consentirebbero agli impianti commerciali di essere disponibili entro il 2050, fornendo fonti praticamente inesauribili di energia pulita. Steven Prager, direttore del laboratorio Princeton Plasma Physics, definisce questo sviluppo “inevitabile”, e anche gli scienziati del Max Planck Institute sembrano ottimisti in merito a questa possibilità.

La Lungimiranza di Bill Gates
Se la paura rappresenta un potente fattore motivazionale per l’essere umano, un altro fattore è rappresentato dagli incentivi concreti. Un numero sempre maggiore di governi, istituti privati e singoli individui fornisce oggi cospicui incentivi finanziari per lo sviluppo di fonti di energia più pulite nel minor tempo possibile. In una recente intervista, Bill Gates ha parlato, con un senso di urgenza, delle due componenti essenziali per accelerare questo processo. Una è la Carbon Tax, che Bill Gates chiama il “fattore trainante” in grado di produrre incentivi vantaggiosi per lo sviluppo di alternative pulite ai combustibili fossili. L’altra è la componente della ricerca e dello sviluppo, che Gates chiama un “fattore di spinta” in grado di produrre una soluzione più rapida e permanente al riscaldamento globale.Tuttavia, dal momento che il riscaldamento globale esistente è sostanzialmente irreversibile, sarà necessario adottare delle misure provvisorie, al costo di circa 70 miliardi di dollari USA l’anno, prima che si riesca a trovare una soluzione. Senza una Carbon Tax piuttosto elevata, continua Bill Gates, non ci sono incentivi sufficienti per gli innovatori che vogliono investire in fonti energetiche alternative e più pulite. E il recente calo dei prezzi del petrolio rappresenta un ulteriore freno per lo sviluppo di fonti energetiche più pulite, ma anche più costose da produrre. Bill Gates sembra richiedere uno sforzo quasi miracoloso per risolvere il problema del riscaldamento globale. Ma fare questo sforzo non appare così impossibile come fare un miracolo. Questa specie di miracolo non avverrà per mezzo di una vittoria dell’uomo su Madre Natura, ma grazie a una comprensione collettiva del fatto che la sopravvivenza della nostra specie dipende dall’efficacia con la quale sapremo prestare attenzione ai segnali che la natura ci manda.