Un gigante dell’energia incatenato dalla politica
World Energy & Oil / Moisés Naím
L’America Latina è un gigante dell’energia incatenato da ragioni politiche. La sua attuale situazione energetica è di gran lunga inferiore alle sue immense potenzialità. Tale divario è causato da diversi fattori: norme eccessivamente severe, mancanza di innovazione, infrastrutture inadeguate, diritti di proprietà deboli, corruzione e altro ancora. La geologia dell’America Latina è perfetta per la produzione di energia, ma l’ideologia prevalente nella regione è poco favorevole all’adozione di politiche energetiche di successo. In effetti, è proprio la politica a causare molti degli ostacoli che limitano l’efficienza energetica dell’America Latina. Dal tradizionale nazionalismo, basato sulle risorse, al populismo comune in tutta la regione, la politica ha sempre definito in che modo le nazioni latinoamericane esplorano, producono, consumano e, in alcuni casi, esportano energia. Il caso del Venezuela, ad esempio, è così estremo che illustra bene questa situazione: il Paese possiede una delle maggiori riserve petrolifere del pianeta, ma vanta anche il più basso rapporto tra produzione e riserve rispetto a tutti gli altri produttori di petrolio. Inoltre la produzione di petrolio continua a diminuire a causa della mancanza di investimenti, della cattiva gestione e di politiche inadeguate.
Purtroppo quello del Venezuela non è un caso isolato. Le riserve petrolifere dell’America Latina rappresentano il 20 percento delle risorse a livello mondiale, ma la produzione complessiva della regione è ferma a un misero 6 percento della produzione globale. Il divario tra il potenziale della regione e la sua realtà attuale riguarda anche le energie rinnovabili. Grazie ad analisi geospaziali, IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, ha identificato numerose aree dell’America Latina che mostrano un potenziale enorme in termini di eolico e solare.
Inoltre, come molti altri Paesi in tutto il mondo, la maggior parte delle nazioni latinoamericane ha anche un vasto e intricato sistema di sussidi ai consumatori, fiscalmente oneroso e inefficiente, che penalizza i segmenti più poveri della società, ovvero proprio le fasce di popolazione che paradossalmente si propone di aiutare.
Nonostante ciò, con una produzione di circa 16 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno e un consumo giornaliero di 12 milioni di barili di petrolio equivalente, l’America Latina e i Caraibi sembrerebbero trovarsi in un’ottima posizione per diventare esportatori netti di energia.
Questa immagine globale del Continente, tuttavia, nasconde profonde differenze. Sei Paesi (Brasile, Messico, Venezuela, Argentina, Colombia e Cile) rappresentano oltre il 75 percento del consumo totale di energia. Brasile, Messico e Venezuela hanno un’eccedenza di energia, mentre il resto della regione presenta livelli diversi di dipendenza dalle importazioni.
Uno sviluppo più rapido ed efficace delle risorse energetiche dell’America Latina richiederà la modernizzazione delle politiche energetiche della regione e l’adozione di un quadro normativo più favorevole agli investitori stranieri. Tali riforme sono già in corso in Messico e, in una certa misura, anche in Brasile. Purtroppo la storia dimostra che le politiche sugli investimenti esteri tendono a essere cancellate quando si verifica un cambio di governo. È quello che è accaduto in Venezuela nei primi anni 2000 e si teme che le politiche in materia di petrolio, recentemente adottate dal Messico, possano essere annullate dopo le elezioni presidenziali del prossimo anno. Anche l’attuale turbolenza politica del Brasile potrebbe portare ad una riforma in senso restrittivo delle politiche energetiche del Paese.
Il futuro dell’energia nella regione sembra chiaramente puntare sulle fonti rinnovabili, che rappresentano già il 53 percento della capacità di generazione di energia elettrica, un dato quasi tre volte superiore alla media mondiale. Paesi come il Costa Rica e il Paraguay generano quasi il 100 percento della propria energia elettrica tramite l’idroelettrico e geotermico, mentre lo scorso anno l’Uruguay ha generato il 92 percento della propria energia elettrica grazie a fonti rinnovabili. Nel 2014 gli investimenti a livello globale in energia e combustibili rinnovabili hanno raggiunto i 270 miliardi di dollari USA, e una quota significativa è andata all’America Latina.
Le immense risorse di energia solare, eolica e geotermica scoperte in America Latina avranno forse la possibilità di modificare la politica energetica della regione. Le energie rinnovabili potrebbero risultare meno vulnerabili agli effetti vincolanti del nazionalismo e dello statalismo, che hanno creato l’enorme divario esistente tra le potenzialità e la realtà dei settori del petrolio e del gas.
Tale ottimismo si basa su diverse motivazioni. La prima è che essendo le energie rinnovabili più rispettose dell’ambiente, sono più in linea con le preferenze espresse dalla popolazione. Nel 2015 un’indagine del Pew Research Center ha scoperto che il 77 percento dei latinoamericani si dice preoccupato per il cambiamento climatico - la percentuale più elevata a livello mondiale. Un secondo motivo è che lo sviluppo delle energie rinnovabili può essere portato avanti da aziende del settore energetico più piccole, più semplici e più diversificate. La produzione di petrolio e gas tende ad essere concentrata nelle mani di un numero relativamente ridotto di grandi società e le barriere all’ingresso per i nuovi arrivati sono molto elevate. Questi fattori, invece, hanno una minore influenza sui settori dell’energia eolica e solare. Sembra ragionevole ipotizzare che le energie rinnovabili richiederanno capitali inferiori e presenteranno meno difficoltà dal punto di vista tecnologico rispetto a quelli necessari per la ricerca e l’estrazione di petrolio e gas. La speranza è che questo settore dalla struttura più frammentata possa ridurre la tendenza dei governi ad appropriarsi delle aziende e ad assumersene la gestione, come sono stati inclini a fare nel settore degli idrocarburi.
Un fattore che potrebbe invece ritardare un’ampia diffusione delle energie rinnovabili in America Latina è il nuovo ruolo di fornitore di energia a prezzi estremamente competitivi assunto di recente dagli Stati Uniti. I bassi prezzi del petrolio e del gas stanno ostacolando ovunque lo sviluppo delle rinnovabili e l’America Latina non fa eccezione.
Tuttavia, è indubbio che le risorse energetiche di questa regione sono importanti e che i requisiti finanziari e tecnologici necessari per il loro sviluppo non sembrano presentare ostacoli insormontabili. Il fattore decisivo continuerà ad essere la volontà dei leader politici della regione di abbandonare quelle politiche energetiche che hanno tradizionalmente impedito all’America Latina di esprimere tutto il suo potenziale come produttore di energia.