Gas, l’alternativa possibile
World Energy & Oil / Moisés Naím
La storia è nota a tutti: Madre Natura ci sta inviando segnali sempre più forti e frequenti per avvertirci che è in corso qualcosa di nuovo e pericoloso. Regolarmente i climatologi rendono noti dati incontrovertibili che dimostrano che il clima sta cambiando e spiegano con motivazioni solide i perché alla base di tale processo. In realtà conosciamo anche l’altra parte della storia: le popolazioni e i governi non stanno facendo abbastanza per modificare la propria traiettoria che causerà sicuramente cambiamenti drastici nella condizione umana.
L’American Meteorological Society avverte che, se non verranno adottate azioni concertate da parte di tutte le nazioni, è praticamente certo che le temperature globali aumenteranno di 4-7 gradi Celsius nel corso dei prossimi cento anni. Un mondo con una simile temperatura superficiale media sarebbe molto diverso da quello abitato dal genere umano fin dalla sua prima comparsa sul pianeta. Sappiamo inoltre che, recentemente, la trama della storia ha visto una svolta tanto eccezionale quanto ben accolta: nel dicembre 2015, a Parigi, 177 nazioni hanno trovato un accordo per trasformare il pianeta in un’economia a basse emissioni di carbonio. I firmatari della COP21 si sono assunti l’impegno di contrastare il cambiamento climatico, promuovendo al contempo l’adattamento ai suoi effetti ormai irreversibili. Da allora a ottobre 2016 sono stati 96 i Paesi che hanno già ratificato l’accordo, il quale prevede anche di limitare l’aumento della temperatura globale media a un massimo di 2° C. Tale traguardo potrà essere raggiunto solo se il consumo di combustibili fossili sarà sostituito significativamente da fonti di energia meno contaminanti e, semmai, da fonti rinnovabili pulite.
I Paesi che hanno ratificato la COP21 si sono assunti diversi impegni: monitorare i propri sforzi di riduzione delle emissioni, adottare misure per garantire il raggiungimento dei propri obiettivi, aiutare i Paesi non conformi a rispettare gli obiettivi, e aiutare i Paesi in via di sviluppo sia a ridurre le emissioni che ad adattarsi all’impatto dei cambiamenti già irreversibili che riguardano il clima. Passare da un’economia caratterizzata da alte emissioni di carbonio a una a basse emissioni è un processo che richiederà tempo, sebbene le energie rinnovabili stiano crescendo a un ritmo molto più elevato del previsto. Le fonti di energia rinnovabili hanno già superato il carbone come principale fonte di alimentazione elettrica nel mondo. L’Agenzia Internazionale dell’Energia riferisce che in Paesi come la Cina vengono costruite due nuove turbine eoliche ogni ora. Il solare, l’eolico e altre fonti rinnovabili generano già più del 25 percento dell’energia elettrica mondiale. La capacità eolica e solare degli Stati Uniti è triplicata negli ultimi 6 anni e un recente rapporto del Dipartimento dell'Energia statunitense (EIA) rivela che nel 2014 l’elettricità generata da fonti solari ed eoliche ha registrato un aumento più rapido rispetto a quella generata da combustibili fossili. Una tale espansione è stata fortemente favorita dal crollo dei costi delle tecnologie per l’energia rinnovabile. Dal 2008, i costi per l’energia solare ed eolica sono scesi rispettivamente dell’80 e del 50 percento. A livello mondiale, le energie rinnovabili rappresentano già quasi il 10 percento della produzione totale di energia nel mondo. Un ritmo di crescita destinato ad aumentare. L’EIA prevede infatti che le rinnovabili saranno la fonte di energia che registrerà la crescita più rapida da qui al 2040. Quindi sì, sembra che in qualche misura una transizione energetica sia già iniziata. Questo sconcertante aumento dell’utilizzo di energie rinnovabili sta coinvolgendo in gran parte il settore elettrico. Sfortunatamente, altri settori sono in ritardo su questo fronte. Quello dei trasporti, ad esempio, in linea di massima continua a fare affidamento sui combustibili fossili. Anche le relazioni più ottimistiche sulla crescita delle fonti rinnovabili non possono cancellare i timori che la transizione da un’economia ad alte emissioni ad una a basse emissioni non stia avvenendo abbastanza in fretta. Gli scenari dell’Agenzia Internazionale dell’Energia suggeriscono che vi siano poche probabilità di contenere l’aumento della temperatura a 2° C se non verranno adottate politiche più incisive, volte a ridurre le emissioni di anidride carbonica.
In questo contesto, il gas naturale può rivestire un ruolo decisivo. Questo combustibile emette il 50-60 percento di anidride carbonica in meno durante la sua combustione in una centrale elettrica nuova rispetto alle emissioni di una centrale a carbone, e il 15-20 percento di gas di scarico in meno rispetto alla benzina se bruciato in un veicolo- tipo di oggi. Il mondo si trova di fronte a due compiti essenziali: ridurre le emissioni derivanti dall’utilizzo di fonti di energia basate sul carbonio e rallentare la domanda energetica tramite un aumento della produttività. Per raggiungere tali obiettivi occorre un complesso mix di condizioni finanziarie, tecniche e politiche che – come dimostrato – è molto difficile da ottenere. Con l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti si è aggiunto un ulteriore livello di complessità, viste le sue dichiarazioni secondo cui i cambiamenti climatici sarebbero una bufala creata dalla Cina. Trump ha anche affermato di voler chiudere, o comunque riformare pesantemente, l’Agenzia USA per la protezione dell'ambiente e di voler abolire le norme approvate sotto l’amministrazione Obama volte a ridurre l’inquinamento dell’industria carboniera. Benché, a vittoria annunciata, il Presidente eletto abbia abbassato i toni dichiarando di avere “una mente aperta” rispetto al riscaldamento globale, un’amministrazione USA meno impegnata in una lotta efficace contro il riscaldamento globale potrebbe creare gravi ritardi nel raggiungimento anche solo degli obiettivi minimi della COP21. Un minore impegno di Washington rischia di frenare la già allarmante lentezza della transizione verso un pianeta che consuma energia più pulita. È urgente, pertanto, fissare un obiettivo intermedio per ottenere un pianeta migliore, continuando allo stesso tempo a impegnarsi a raggiungere tutti gli altri traguardi più ambiziosi. Questo obiettivo intermedio può essere favorito enormemente da una sostituzione intensiva del petrolio con il gas naturale. Di fatto il settore energetico ha già sviluppato un’importante infrastruttura tecnica e finanziaria che farebbe del gas naturale la via più facile. Il solido posizionamento del gas naturale nel mix energetico e le sue caratteristiche più pulite, rispetto al carbone e al petrolio, lo rendono un’alternativa praticamente unica nella nostra transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.